Spalla instabileSpalla instabile


L’instabilità è una condizione patologica che si manifesta con dolore associato ad un eccessivo spostamento della testa omerale nella glenoide durante il movimento attivo della spalla.

INSTABILITA’: CLASSIFICAZIONE e TRATTAMENTO

Si possono distinguere tre principali categorie di pazienti affetti da instabilità:
1 – pazienti instabili per cause traumatiche (T.U.B.S.);
2 – pazienti generalmente lassi con instabilità multidirezionale (A.M.B.R.I.);
3 – pazienti con instabilità acquisita conseguente a gesti sportivi ripetuti (A.I.O.S.);

Spalla instabileLuss azione Traumatica (T.U.B.S. – Traumatic Unidirectional Bankart Surgery) con il trauma, oltre alla lussazione, si possono verificare lesioni associate di natura vascolare, neurologica e tendinea. Una volta verificata l’eventuale assenza o presenza non rilevante di queste complicanze, si consiglia una immobilizzazione del braccio in tutore per un periodo medio di 21 giorni. Tale periodo può variare in relazione all’età e alle caratteristiche tissutali del paziente. Nei pazienti giovani (sotto i 20-25 anni), viste le alte percentuali di recidiva di lussazione, si potrà indicare un periodo di quattro settimane di tutore allo scopo di consentire una maggiore cicatrizzazione. Negli adulti sopra i 60-65 anni, visti i minori rischi di recidiva e le alte complicanze di rigidità post-traumatica, si consiglia un periodo d’immobilizzazione più breve che si aggira intorno alle due settimane. Alla rimozione del tutore il trattamento riabilitativo prevederà esercizi autogestiti per il recupero dell’articolarità o eventualmente mobilizzazioni eseguite con il terapista e successivamente esercizi per il recupero della forza e della stabilità. Trascorsi tre mesi dall’evento traumatico, si consiglia l’esecuzione di un test per valutare i valori di forza raggiunti e il rapporto percentuale della forza tra i gruppi muscolari rotatori esterni ed interni. Si consiglia il ritorno al gesto sportivo una volta raggiunti valori di forza non inferiori al 90% rispetto al braccio controlaterale (la percentuale rappresenta una maggiore garanzia di stabilità). Le sollecitazioni meccaniche, presenti nei movimenti di grande ampiezza, sono generalmente assorbite sia dagli stabilizzatori attivi che da quelli passivi. Maggiore è la forza di quelli attivi, minori saranno gli stress meccanici su quelli passivi.

Spalla instabileInstabilità Multidirezionale (A.M.B.R.I. Atraumatic Multidirectional Bilateral Rehabilitation Inferior Capsular Shift)
Sesso, età, tono muscolare e dominanza rappresentano chiari fattori di rischio per l’insorgenza del dolore di spalla secondario a microinstabilità. Le donne infatti, vengono interessate da questa patologia in misura maggiore rispetto agli uomini. In alcuni pazienti, l’instabilità è così accentuata da favorire la comparsa di parestesie diffuse lungo il braccio, quando l’arto è mantenuto in posizione di riposo lungo il fianco. In questa posizione, la stabilità è a carico delle strutture passive che, essendo eccessivamente lasse, favoriscono la “discesa” dell’omero con conseguente trazione del plesso. Per attenuare questo fastidioso sintomo, i pazienti mantengono in modo istintivo le braccia conserte, la mano dentro la tasca dei pantaloni o al fianco, il braccio in appoggio sulla borsa posta a tracolla, allo scopo di sostenere il peso del braccio. Il semplice recupero del tono muscolare, con esercizi specifici, può attenuare o risolvere la sintomatologia.

Spalla instabileInstabilità acquisita conseguente a gesti sportivi ripetuti (A.I.O.S. – Acquired Instability Overstress Surgery)
La continua ripetizione dei gesti tipici del lancio, protratta nel tempo, può determinare un indebolimento delle strutture stabilizzatrici anteriori. Tale deficit favorisce la traslazione anteriore dell’omero durante il gesto di caricamento effettuato nella posizione di abduzione ed extrarotazione. L’alterazione del centro di rotazione dell’omero determina la compressione del tendine del sovraspinato tra il trochite e il margine postero-superiore della glena (conflitto postero-superiore). È per questo motivo che, all’anamnesi, lo sportivo riferisce la comparsa del sintomo solo durante l’esecuzione della battuta o della schiacciata. La valutazione clinica comparata delle strutture passive anteriori può essere effettuata semplicemente posizionando il paziente in decubito supino con le braccia abdotte ed extraruotate (braccia a candelabro). Il braccio dominante presenta una rotazione esterna maggiore rispetto al controlaterale. La maggiore ampiezza, per avere una valenza clinica, deve essere necessariamente associata ad un sintomo. Gli sport over-head non solo possono compromettere le strutture stabilizzatrici anteriori, ma, al tempo stesso, favorire la perdita dell’elasticità distrettuale della capsula posteriore: tale retrazione si manifesta con una perdita della rotazione interna passiva. Possiamo affermare che la spalla dell’atleta presenta una instabilità particolare rispetto a quelle osservate in precedenza. Mentre le strutture passive anteriori sono lasse, quelle posteriori sono anelastiche: l’asimmetria tra le “briglie passive” anteriori e posteriori, accresce l’instabilità anteriore. In questi casi il trattamento riabilitativo è rivolto al rinforzo del muro muscolare anteriore, per compensare l’omologo deficit capsulo-legamentoso; al tempo stesso, la perdita di mobilità in intrarotazione, giustifica gli esercizi d’allungamento, rivolti al solo recupero dell’elasticità della capsula posteriore.

Spalla instabileInstabilità volontaria (anteriore, posteriore, inferiore)
Rientrano in questa categoria quei pazienti che, consapevolmente o inconsapevolmente, in modo attivo o in modo passivo, sono in grado di produrre una dislocazione articolare di piccola o di grande ampiezza. Generalmente questo aspetto particolare dell’instabilità vede protagonisti persone giovani (min. 9 anni, max 50 anni), con lassità costituzionale, scarso tono muscolare e grandi capacità di controllo dei movimenti G/O e scapolo-toracici. La maggioranza dei lussatori esegue uno spostamento postero-inferiore dell’omero, una percentuale minore è in grado di deprimere inferiormente l’omero e solo una piccola parte è capace di lussare anteriormente la testa dell’omero. Le differenti percentuali hanno una spiegazione anatomica che interessa le componenti capsulo-legamentose, ossee e muscolari: - la capsula posteriore non è rinforzata dai legamenti come, invece, lo è quella anteriore; - la retroversione della glena (es. glena destra, obliquità del piano osseo glenoideo dall’esterno verso l’interno, da anteriore a posteriore), crea una maggior barriera allo scivolamento anteriore, favorendo quello posteriore. Allo stesso tempo il diametro antero-posteriore della glena presenta una porzione ossea sottoequatoriale più ampia anteriormente; - le componenti muscolari anteriori sono più forti e in numero maggiore (sottoscapolare, C.L.B., deltoide anteriore, gran pettorale) nei confronti di quelle posteriori (sottospinato, deltoide posteriore), garantendo una maggiore stabilità attiva anteriore. Alcuni aspetti clinici accomunano i lussatori: - il movimento volontario di lussazione è il prodotto di una contrazione muscolare attiva (prevalentemente il gran dorsale per la lussazione posteriore e il gran pettorale per quella anteriore). Poiché la lussazione è l’effetto di un’azione volontaria, difficilmente il “paziente” rilasserà il braccio durante le manovre valutative passive, realizzate dell’operatore. In genere, durante il movimento di anteposizione, il paziente lascia il braccio rilassato nei primi gradi del movimento (da 0° a 40-60°), per poi attivarlo nella restante parte del movimento (60°-90°), range nel quale è in grado di riprodurre meglio la microinstabilità.

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